Le radici (immotivate) dell'astio nerazzurro






Stanno facendo discutere negli ultimi giorni gli attacchi che molti personaggi famosi, dichiaratamente di fede nerazzurra, hanno portato avanti nei confronti della Juventus.

Dalle solite frecciate al veleno del disco rotto Paolo Bonolis, sempre pronto a rimarcare non meglio precisati favori arbitrali ai campioni d'Italia (chiudendo ovviamente entrambi gli occhi sui suoi), passando per il clamoroso "l'importante è che non sei juventino" dell'ex calciatore interista, ora telecronista di Sky (e che pertanto si dovrebbe presumere imparziale), Beppe Bergomi, e arrivando alle ultime vergognose dichiarazioni del trio (ex) comico Aldo, Giovanni e Giacomo ("Conte usa la maglia della Juve per asciugare il cane"), l'astio dell'ambiente nerazzurro nei confronti della Vecchia Signora, sta toccando in questo periodo vette inesplorate, con la complicità di stampa e giornali amici, che a parti inverse avrebbero naturalmente scatenato il finimondo.

Ma qualcuno si è mai chiesto da cosa realmente derivi tutto questo disprezzo, e se lo stesso abbia un fondamento reale? La rivalità tra la Juventus e l'Inter, come i ben informati sapranno, risale addirittura agli anni trenta dello scorso secolo, ben prima del periodo di calciopoli


La Juve di quel periodo infatti, vittoriosa per cinque anni consecutivi in Italia, si trovò a fronteggiare spesso il club meneghino per la conquista del titolo; in particolar modo, nel 1935, le due rivali arrivarono appaiate all'ultima giornata a quota 32 punti, quando i bianconeri erano attesi sul campo della Fiorentina, e l'Inter a Roma dalla Lazio, che, parallelamente a quanto verificatosi diversi decenni più tardi (5 Maggio), non aveva più nulla da chiedere al proprio campionato.

I piemontesi, guidati da Carlo Bigatto, vinsero il proprio incontro per 1-0, mentre i nerazzurri cedettero di schianto inaspettatamente, anticipando quanto si sarebbe verificato nel 2002, per 4-2, consegnando il titolo nelle mani della Vecchia Signora.

Tre campionati più tardi lo scenario si invertì e all'ultima giornata l'Inter, in vantaggio di un punto in classifica, vincendo 2-0 sul campo del Bari, si regalò l'agognato tricolore, vendicando in qualche modo la sconfitta patita nella finale di Coppa Italia dalla Juventus appena tre giorni prima.


Per ritrovare le due rivali testa a testa per la conquista del tricolore bisognerà aspettare la stagione 1953-54, quando i milanesi, guidati in panchina da Alfredo Foni, ex bandiera juventina da calciatore, con 13 stagioni passate all'ombra della Mole (curioso parallelismo con l'attuale tecnico bianconero Antonio Conte), trionfarono al fotofinish sui rivali, mantenendo all'ultima giornata il punto di vantaggio precedentemente accumulato.

Il primo vero fattaccio, capace di acuire la rivalità calcistica ed accrescerla anche fuori dal campo, avvenne però nel 1961, quando lo scontro diretto del 16 Aprile, disputato al Comunale di Torino, venne sospeso dopo pochi minuti a causa di un'invasione di campo. L'Inter chiese ed ottenne la vittoria a tavolino, ma il ricorso della Juventus circa la ripetizione della partita, venne accettato il 3 Giugno, vigilia dell'ultima giornata di campionato, con le due squadre appaiate in testa alla classifica.

I nerazzurri scivolarono così a meno 2 e, grazie alla sconfitta patita nell'ultima partita sul campo del Catania (da lì l'espressione divenuta famosa "clamoroso al Cibali") e al concomitante pareggio casalingo della Juventus con il Bari, la ripetizione della partita diventò ininfluente, tanto che l'allora presidente interista Angelo Moratti, ordinerà di schierare, con scarso senso sportivo, la squadra primavera, perdendo l'incontro per 9-1.
Viene fatto giustamente notare che la presidenza della Federcalcio era affidata ad Umberto Agnelli, presidente anche della Juventus; il conflitto di interessi appare evidente, ammettendo che la Corte d'Appello Federale si sia lasciata influenzare dal presidente della Federazione, ma tuttavia si sorvola sull'aspetto più importante: vincendo la propria partita a Catania, l'Inter si sarebbe portata ad un solo punto dai bianconeri, mantenendo intatte le possibilità di arrivare al titolo facendo proprio il replay dello scontro diretto. Si può tranquillamente affermare pertanto, che la decisione del tribunale sportivo fu, in assenza di controprova, ininfluente sulla classifica finale.


Passando per la Juve operaia di Heriberto Herrera, capace di mettere fine al ciclo della grande Inter del mago Helenio Herrera (i due erano omonimi ma non parenti), e per gli anni settanta e ottanta, durante i quali quasi mai i due club furono avversari diretti per la conquista dei titoli, si dovrà arrivare al decennio successivo e alla famosa triade Moggi-Giraudo-Bettega per veder rianimato il focolaio delle polemiche.

In particolar modo nel campionato 1997-98 le due squadre si affrontarono a Torino nello scontro diretto della quartultima giornata, con i bianconeri in vantaggio di un punto in classifica; nella ripresa, con i padroni di casa in vantaggio 1-0, l'attaccante brasiliano dell'Inter, Ronaldo, e il difensore bianconero Mark Iuliano, si scontrarono in piena aria di rigore in una dinamica che a molti fece gridare al calcio di rigore, ma non all'arbitro Ceccarini.

Le proteste dei nerazzurri furono tanto veementi e protratte nel corso degli anni (ancora oggi, alla vigilia di ogni Juventus-Inter, vengono intervistati sui principali quotidiani sportivi i protagonisti dell'epoca, quasi esclusivamente della parte interista), quanto piuttosto infondate, ma non per l'assegnazione del rigore, che poteva anche starci, quanto per l'effettivo peso che l'episodio ebbe sul campionato.

Ammesso che il penalty fosse stato trasformato (quell'anno in Serie A la percentuale di calci di rigore sbagliati superò incredibilmente il 40%) la partita sarebbe finita verosimilmente in pareggio, mantenendo inalterate le distanze in classifica e non avrebbe inciso, dati alla mano, sull'esito finale del campionato; tuttavia, seguendo le orme del papà Angelo, l'allora presidente del club meneghino Massimo Moratti, preferì, con la complicità della stampa amica, buttarla in caciara, lasciando passare il messaggio che fu quell'episodio di fatto a decidere il campionato.

Di calciopoli si sa ahimè già tutto, e credo sia inutile dilungarsi; l'Inter accettò di buon grado uno scudetto che non vinse sul campo, e i cui risultati nessuna sentenza ha mai definito non regolari, un po' come negli anni '60 non si fece scrupoli ad accettare uno 0-2 a tavolino per un'invasione di campo, e il conseguente vantaggio in classifica, anziché dichiararsi favorevole alla ripetizione della partita.

Il resto è storia recente. Le ossessioni dei vari Bergomi, Bonolis e comici vari che non fanno più ridere da almeno un decennio nei confronti della Juventus sembrano, volendo conoscere la storia senza preclusioni, alquanto immotivate e, in questo caso, è più probabile si tratti di un vero e proprio complesso di inferiorità.

O, a volerci vedere il marcio, le teste di ponte sono già all'opera, in caso a fine anno ci sia una nuova sconfitta da giustificare e un nuovo alibi da buttare in pasto all'opinione pubblica...


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